Relazione corso di II livello Casale Monferrato 28-29 Ottobre 2015 - Attilio Barucchi (delegato Fiom Infogroup S.c.p.A.)
Il sottotitolo del corso, molto concentrato in due mezze giornate, era "quando il legame del territorio si frantuma". E sintetizza molto bene l'obiettivo che l'ufficio della FIOM nazionale ha dato a questo percorso di formazione: come si gestisce una situazione in cui una realtà produttiva importante, anzi la principale, che garantisce il reddito a intere generazioni si rivela come una fabbrica di morte per i lavoratori, per i loro familiari, la comunità di Casale, le comunità vicine e infine tutti noi ?
La risposta è complessa, solo parziale e difficilmente riconducibile ad un modello da usare in altri casi. La ricetta, se si così si può chiamare, presenta valori forti come coraggio, perseveranza, capacità critica, sacrificio. Ma gli strumenti e il contesto cambiano a seconda del momento storico, dei luoghi e delle persone.
Ometto di riportare qui note di carattere tecnico sulla pericolosità dell'amianto e sui danni fisici che comporta, a partire dal Mesotelioma pleurico. Li dò per noti e credo che solo chi ha incontrato nella vita persone colpite da queste patologie può capire cosa significhi: 22 anni fa l'ho visto all'opera su una persona a me molto cara e si può dire che la mia vita si divida in un prima e dopo questo incontro. Se il cancro è un "gran bastardo" come l'ha definito egregiamente la compagna Patrizia, il Mesotelioma è uno dei capi banda e, al momento, invincibile. Quello che voglio solo ricordare è che l'esposizione all'amianto può portare alla malattia anche molti anni dopo. Il non vedere la fine di una tragedia è forse uno degli aspetti peggiori, perché rischia alla lunga di ammazzare la speranza. L'utilizzo dell'amianto è vietato dal 1992.
Creare Consapevolezza
Forse tutto parte da qui. Eternit è stato un caso in cui il sindacato ha tenacemente lavorato per creare la consapevolezza.
Una consapevolezza del rischio che andasse oltre l'ovvio (respirare quella polvere faceva male, anzi uccideva);
la consapevolezza della necessità di lottare per il cambiamento;
la consapevolezza di rivendicare i propri diritti: più sicurezza per se e per la comunità, richiedere gli indennizzi per le malattie professionali.
Infine la cosa più complessa: la consapevolezza che bisognava lottare per far chiudere la fabbrica e incamminarsi in un lungo e difficile cammino per ottenere fondi per la bonifica e giustizia per far pagare chi aveva consapevolmente sacrificato al profitto personale (enorme) la vita di tante persone: ad oggi più di 2000 morti solo per mesotelioma. Ma la strage continua: il picco è previsto per il 2020, ma solo a certe condizioni su cui tornerò dopo.
Persino il conteggio dei morti è frutto della lotta dei lavoratori: il registro nazionale per tracciare i mesoteliomi (ReNaM) esiste solo dal 2002 presso l'INAIL e serve a non nascondere il dato dietro altre diagnosi, come si faceva in passato.
Dare per scontata questa consapevolezza è un errore. I responsabili del disastro hanno fatto di tutto per ostacolarla.
L'Eternit era la "Fiat di Casale", era il posto fisso sicuro che ti portava alla pensione (in realtà molti morivano prima di arrivarci), che dava la befana ai bambini, che offriva la colonia, due volte l'anno la tanica d'olio di oliva (non tutti hanno la fortuna di vivere in regioni con gli ulivi), che offriva retribuzioni migliori in cambio di un lavoro insalubre, che regalava gli scarti di lavorazione ai dipendenti, ai Comuni, agli oratori, per farsi l'orto, coibentare il sottotetto, fare la pavimentazione del campo giochi...
Un lavoratore ci ha detto: "Ho regalato ai miei futuri suoceri negli anni '60 una pavimentazione nuova del cortile fatta con il "polverino" di amianto. Non sapevo che li stavo condannando a morte".
Dal sito del Comune di Casale una descrizione di cosa fosse il polverino:
"Per polverino di amianto, come comunemente chiamato nell'area di intervento, si intende un prodotto di scarto del ciclo produttivo delle tubature in cemento-amianto, nello specifico derivato dalla tornitura a secco delle testate per perfezionarne le dimensioni. Si tratta di una polvere finissima, costituita da una miscela di polvere di cemento e fibre di amianto. Per la produzione di tubi si faceva uso di crisotilo e crocidolite; non è raro tuttavia riscontrare anche la presenza di amosite. Durante il periodo di produzione del cemento-amianto questo materiale, considerato ottimo come isolante per sottotetti, come stabilizzante per la ricopertura di cortili, e più in generale quale materiale di riempimento, poteva essere reperito a costo zero dai cittadini del territorio. Di conseguenza nell'area casalese fino agli anni '80 il polverino è stato impiegato tal quale o miscelato ad altri materiali nelle più svariate combinazioni: depositato in forma sfusa nei sottotetti o intercapedini murarie dei fabbricati, miscelato a ghiaia e sabbia per pavimentazioni o vialetti di aree esterne, in particolare nelle aree private, anche se non sono mancati utilizzi in aree pubbliche."
Quando i lavoratori, dopo l'approvazione dello Statuto nel 1970 creano le Commissioni ambienti nelle aziende, aumenta l'importanza data alle condizioni di salute in fabbrica. Nel periodo 1974-1979, a fronte delle piattaforme rivendicative del sindacato, Eternit crea il SIL (servizio di Salute ed Igiene del Lavoro), un organo per colpire di fatto i delegati e gli iscritti CGIL oltre che per "rassicurare" sulla non nocività dell'amianto.
Ma non ci sono solo le lotte dentro la fabbrica. Attraverso l'INCA si veicolano le richieste di indennità per la tutela delle malattie sul lavoro, fino a contenziosi giudiziari contro Inail ed Eternit. Questo non fa solo crescere consapevolezza dei propri diritti, ma crea la base epidemiologica per portare la vertenza sul piano generale.
Nel 1984 è un convegno INCA-CGIL che porta nella comunità le conseguenze dell'esposizione ambientali generali, non solo dei lavoratori. La consapevolezza arriva a tutti, pure alle istituzioni anche se bisognerà aspettare il 1992 per vedere l'utilizzo dell'amianto vietato in tutta Italia. Poco dopo la fabbrica chiuderà e Casale Monferrato sarà il primo Comune d'Italia che, con ordinanza del Sindaco, vieterà l'utilizzo dell'amianto.
Ora sembra tutto così ovvio, ma quanto coraggio c'è voluto per quei delegati, quei lavoratori, quei cittadini per andare contro Eternit e portare tutta la comunità in una battaglia di decenni.
La salute non si monetizza. A Casale diventa così vero che non tutti accettano le offerte dell'azienda per togliere casi dal processo. E chi le accetta versa parte dei soldi in un fondo per la ricerca per la cura delle malattie da amianto.
La stesa comunità si ribella quando nel 2011 il Comune decide ndi accettare l'offerta di indennizzo della Eternit.
Disastro
Il processo Eternit, finito con la non punibilità dei proprietari per un'interpretazione assurda della prescrizione, era di Disastro Ambientale.
Disastro perché Eternit ha manifestato incuria e dolo non solo verso i suoi dipendenti, ma verso l'intera città. Eternit riceveva il materiale e stoccava i manufatti in magazzini vicino allo scalo ferroviario. Entrambi viaggiavano poi, da o per i magazzini, attraverso il centro abitato per arrivare alla fabbrica, disperdendo polveri.
Le lastre di scarto venivano demolite a cielo aperto e trasportate poi su mezzi scoperti per 500 metri fino ai mulini dove erano triturate e riciclate. Questo nonostante per 8 anni i delegati denunciassero questo comportamento scellerato, come dimostrato al processo.
Un disprezzo totale della vita umana in nome del profitto.
Diritti
L'ho scritto prima: è lo Statuto dei Lavoratori che fornisce gli strumenti per iniziare la battaglia dell'amianto. Sono i servizi della CGIL, l'INCA in particolare, che dà le basi fattuali per i risarcimenti, trasforma tante vertenze individuali in una vertenza collettiva, fino ad arrivare a cambiare le leggi di questo Paese ed a portare la vicenda di una fabbrica come caso di studio in tutto il mondo.
Una piccola Camera del Lavoro, dei grandi uomini. Colpire lo Statuto, favorire i licenziamenti come fatto in questi ultimi anni dimostra che non si è capito nulla. Quale arretramento rappresenta per l'intera comunità nazionale lo si può vedere solo se si guardano questi aspetti da posti come Casale. E lo sanno bene quei luoghi dove non c'è la FIOM o l'INCA. Prendiamo un caso concreto. La pneumoconiosi è un'affezione dei polmoni provocata dall'inalazione di polvere. Il termine viene utilizzato per indicare diversi quadri di fibrosi polmonari da inalazione di polveri per cause lavorative: l'amianto, la silice, il talco e i metalli (wikipedia). Colpisce ad esempio i minatori che respirano polvere di carbone (in inglese la chiamano infatti black lung = polmone nero). Dal 1969 il Federal Coal Mine Health and Safety Act aveva fatto scendere del 90% i casi. Eppure negli anni 2000 questa patologia negli USA rialza la testa. Ormai metà dei minatori di carbone lavora a cielo aperto, lo stripe-mining (ovvero sventrare le montagne). Nell'abbattere i costi di produzione si sono ingigantiti i costi ambientali e per la salute dei lavoratori, tanto che lo si ritrova in un best-seller di John Grisham, i segreti di Gray Mountain. Lì si trova un minatore che sarà portato al suicidio perché solo di fronte all'azienda che ingaggia avvocati di grido per non fargli avere un sussidio per la sua malattia professionale. Niente Unions, fatte fuori anni prima. Niente Inca per supportare la richiesta. Niente diritti, solo la solitudine fino alla disperazione.
Processo e giustizia
La sentenza del processo disastro è stata ribaltata un anno fa. La Cassazione ha dichiarato prescritto il reato perché la fabbrica è stata chiusa nel 1986 e non si era proceduto a contestare anche il reato di omicidio. Un'ingiustizia, un modo davvero singolare di intendere il diritto, slegando il fatto (il disastro) ampiamente provato, dagli effetti (le morti che ancora continuano). Questo mese di luglio è stato sospeso il secondo processo istruito per 258 casi di omicidio: la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi se non si cade nel caso di imputati giudicati per un reato per cui sono stati assolti, anche se per prescrizione. Il diritto formale viene rispettato, la giustizia no.
I costi umani
I costi umani non sono quantificabili. Come si fa a dare un prezzo alla vita delle persone (il capitale umano). Ma la giustizia serve a far sì che certe cose non si ripetano, a far fare un salto di civiltà che provi a mettere un punto, un limite a quello che il profitto chiede alle perone. A Casale l'Avefa (l'associazione dei familiari delle vittime) rivendica con orgoglio di aver lavorato per anni affinché il servizio pubblico formasse sul territorio un'unità di eccellenza per la cura delle malattie da amianto, un centro interdisciplinare unico in Italia al di fuori delle cliniche universitarie. Un servizio che viene studiato anche dall'estero e che dovrebbe esportato in tutti gli altri territori. Invece la legge di stabilità mette a rischio anche quello di Casale.
I costi ambientali e chi paga
Nel 1986 Eternit ha chiuso i cancelli e lasciata tutta la bonifica sulle spalle della comunità. Uno sfregio ai morti, alla Costituzione e alla responsabilità sociale delle imprese. Ora è di moda rinfacciare i doveri dei lavoratori verso il proprio datore di lavoro, verso lo Stato, la comunità. Pochi si indignano in ugual modo per il mancato rispetto delle regole delle imprese.
Posti come Casale sono siti di bonifica di interesse nazionale. Ricevono dallo stato centinaia di milioni di euro per la bonifica, non solo del sito produttivo ma di tutto l'amianto messo in giro da Eternit in questi anni. Alla fine paghiamo noi con le nostre tasse il sudicio fatto da un privato che ha fatto milioni e milioni di profitti, ma è l'unico modo per impedire che la strage continui anche a fabbrica chiusa, per garantire un futuro a quella comunità.
Nel 2008 lo Stato ha istituito presso l'INAIL un fondo nazionale vittime amianto. Nella Legge di Stabilità è stato inserito in maniera sperimentale per 3 anni un rimborso una tantum di 5600 euro anche per chi è rimasto esposto all'amianto per cause non lavorative, ma ambientali o familiari (ad esempio le mogli che lavano le tute dei lavoratori piene di polvere di amianto). Il Governo ha agito in modo unilaterale ed insufficiente ad una richiesta che da 26 anni vede il sindacato e i familiari delle vittime chiedere un sostegno al reddito vero. Da Casale andranno a Roma ancora una volta il 16 Novembre, a chiedere giustizia.
Cosa ci insegna
Riporto testualmente cosa scrive l'Afeva nel materiale del corso: "Lo sviluppo economico va visto non solo nella sua quantità ma soprattutto nella sua qualità. Per questo la democrazia va certamente conquistata ma poi assolutamente esercitata. Casale non è la città dell'amianto, ma la città che lotta contro l'amianto, esercitando la partecipazione democratica, coltivando da un lato la socializzazione delle vittime e dei cittadini e dall'altro il confronto costante con le Istituzioni. Ciò a contribuito ad allargare la consapevolezza di come affrontare il rischio amianto anche a livello internazionale: nel mondo purtroppo, la maggioranza dei Paesi a partire dai più grandi - Russia, Cina, India, Brasile - ancora estraggono o comunque utilizzano amianto. Per questo noi facciamo parte di una multinazionale, quella delle vittime e della lotta per la giustizia e la messa al bando dell'amianto nel mondo."
L'impegno decennale di Casale ha dato i suoi risultati a livello mondiale. Si può applicare anche in altri contesti dove si manifesta il conflitto profitto-salute, lavoro-inquinamento ambientale, lavoro-produzioni nocive (ad esempio le armi) ? Viene in mente subito l'ILVA di Taranto. Viene in mente un discorso complessivo del ruolo che il sindacato può avere nel determinare cosa produrre e come produrlo. Esercitare la democrazia, esercitare i diritti. Alla fine il punto torna lì. Possono cambiare i mezzi, ma il sistema di valori dietro rimane lo stesso della battaglio dell'amianto. Produrre un avanzamento in queste materie richiede coraggio e perseveranza decennali, non siamo più abituati a battaglie di così lungo corso. E' significativo che sia stata una piccola Camera del Lavoro, con pochi mezzi ma persone determinate ed incorruttibili, a condurre questa battaglia. Capaci di mettere in pratica quello slogan "Pensare globalmente, agire localmente", con un lavoro quotidiano e continuo dagli anni '70 ad oggi. Capaci ad agire come CGIL, non come categorie, su un problema che nasceva nel contesto delle malattie professionali fino a divenire un tema di carattere generale. Riprendere a lavorare su questi temi, in CGIL nazionale e sui territori è fondamentale se vogliamo produrre un avanzamento. Le istituzioni, la magistratura poi ci verranno dietro. Per questo occorrono risorse e la capacità di vedere in vertenze piccole e grandi non solo un problema occupazionale da risolvere, ma un'opportunità per ridare speranza, un ambiente ed un lavoro migliore per le comunità che sono coinvolte.
Conclusioni
Quello che rimane dal punto di vista umano dopo un'esperienza, se pur breve, come quella di Casale non si può comunicare. Quello che rimane come insegnamento e pratica ho provato a scriverlo in questa breve relazione. Posso solo aggiungere che occorre ringraziare la FIOM Nazionale per aver pensato e realizzato questo progetto. Ringraziare la FIOM di Alessandria per l'accoglienza e Bruno Pesce e Nicola Pondrano per tutto quello che hanno fatto e continuano a fare.
L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Articolo 41 Costituzione della Repubblica Italiana