La vicenda delle dimissioni del presidente di Confindustria Firenze, credo meriti da parte di tutti una profonda riflessione, non solo per capire perché sono avvenute ma sopratutto quale è il ruolo di Confindustria Firenze nel governo socio economico della nostra città.
La visione che ho, essendo di Confindustria la controparte naturale, mi permette di analizzare da osservatore interessato ciò che quella associazione è diventa negli ultimi anni e, come ha modificato in peggio, secondo me, almeno con noi della Fiom, il sistema di relazioni sindacali fiorentino da sempre considerato all'avanguardia.
La scelta di Massimo Messeri di dimettersi e il conseguente abbandono di Nuovo Pignone da Confindustria Firenze, ha voluto segnare un disagio dell'impossibilità di rinnovamento e ammodernamento di un'associazione che parla sempre più a se stessa e poco al territorio e alle imprese che dice di rappresentare.
Dall'inizio della crisi economica ad oggi, gli incontri e gli accordi che come sindacato metalmeccanico fiorentino abbiamo affrontato presso i tavoli di via Valfonda, non hanno mai - e dico mai - visto Confindustria schierarsi a difesa del territorio, a difesa della cosa più importante che un'azienda anche se in crisi ha, il valore del lavoro degli uomini e donne che per vivere debbono lavorare.
Spesso quella associazione si è limitata a fare da spettatrice disinteressata di fronte a chiusure di aziende, oppure come nel caso ultimo della Twin-Disc davanti alla possibilità di non disperdere manodopera preferisce accelerare sui licenziamenti in tronco, senza nessuna alternativa.
In oltre 8 anni di crisi, che hanno visto decine e decine di aziende metalmeccaniche chiudere e, qualche migliaio di posti di lavoro dispersi, non abbiamo mai visto Confindustria Firenze interrogarsi su ciò che stava avvenendo anzi erano più interessati a sposare le tesi del politico di turno sulla necessità di quella o quell'altra opera pubblica utile allo sviluppo moderno della nostra provincia, senza però chiedersi del deserto che avevano lasciato alle loro spalle, un deserto con dei costi di gestione sociale altissimi per la nostra città dovuti principalmente alla scarsità di investimenti dell'imprenditoria nostrana.
Le dimissioni di Messeri ci debbono far riflettere anche sul reale ruolo di rappresentanza che esercita oggi Confindustria.
Essa parla in nome e per conto di tante imprese ma sono sempre più le imprese che lasciano il sistema di Confindustria. Non credo, come dice Nardella, che la nostra città ha bisogno di un'associazione datoriale unita, bensì di un'associazione che sia realmente rappresentativa degli interessi generali che ogni soggetto di rappresentanza deve esercitare.
Noi come Fiom in ogni vertenza che affrontiamo, in ogni trattativa, nel rapporto con i lavoratori, o con le Istituzioni non perdiamo mai di vista questa visione.
Un soggetto di rappresentanza debole e poco rappresentativo non può rispondere alle esigenze dei tempi moderni.
Le nostre controparti sanno esattamente quanti iscritti ha la Fiom nelle aziende,quanti voti prendiamo per i rinnovi delle RSU, invece di Confindustria non sappiamo chi rappresentano e quanto rappresentano. Rendere pubblici questi dati da parte loro sarebbe un bel segno di modernità.
Daniele Calosi
Segretario Generale Fiom/Cgil Firenze