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Firenze, 02.04.2020 - Si fa un gran parlare sui giornali, in questi giorni, di come uscire dalla crisi causata dal Coronavirus, fino ad arrivare a continui interventi anche di soggetti istituzionali come il Presidente della Camera di Commercio di Firenze che vogliono indicarci la soluzione per la riapertura non con una visione collettiva, come ci si aspetterebbe, ma con una visione solo ed esclusivamente di parte, in particolare dal punto di vista delle imprese.

Io penso che oggi più che mai sia necessaria una grande operazione di redistribuzione da chi ha tanto a chi ha poco. Da questa terribile crisi economica causata dal Covid-19 si uscirà solo con la solidarietà, chi ha esaurito la nostra città con la rendita dovrà rimetterla in gioco, per lasciare spazio al lavoro e al Reddito. Firenze andrà ricostruita, come tutto il Paese, e non lo si farà con i serpentoni di turisti o con una nuova pista dell'aeroporto. Si dovrà rimettere al centro del modello di sviluppo territoriale l'industria, la manifattura, e puntare su un turismo di qualità, non massificato, in grado di rilasciare ricchezza in città e rispettarne la storia. Una sfida non banale che coinvolge tutta la classe dirigente fiorentina, inclusi i corpi intermedi come il Sindacato, che sarà chiamato a mettere in campo una sua progettualità di carattere generale.

Questa necessità, però, non ci sarà solo sulla città di Firenze. Sarà al centro di tutto il Paese.

Come molti altri, ho letto la lettera di Mario Draghi, che illustra bene un'idea diversa di Europa, che torna alle proposte di John Keynes nei primi anni '20, formulate non a caso dopo la Prima Guerra Mondiale, quando l'economia era disastrata e si iniziava a diffondere l'idea di mettere in comune le risorse europee per smettere di fare le guerre. L'Unione Europea deve ritrovare la propria mutualità e mettere a disposizione dei Paesi più colpiti dal virus denaro da spendere per fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia, tornando a praticare il “deficit spending”, spendendo a debito, con intervento pubblico per uscire dalla crisi più velocemente possibile. E quei soldi andranno messi in tasca ai lavoratori per far ripartire subito i consumi. Troviamo le formule, troviamo i modi, ma rimettiamo la classe lavoratrice nelle condizioni di tornare ad avere i mezzi per rispondere ai propri bisogni primari. Per questo la FIOM è solita chiedere tutte le integrazioni salariali alle aziende che hanno fatto richiesta della Cassa Integrazione, così come ha richiesto con forza il fermo produttivo delle aziende: c'è un'idea generale alla base della richiesta, non una difesa corporativa. Il Reddito e la salute dei lavoratori sono la base su cui si riparte, questa emergenza rimetterà al centro la personalità e i bisogni delle persone.

Per questo non si può pensare di far ripartire le fabbriche e basta, come sta pensando di fare una fetta importante dei rappresentanti del padronato in questo Paese. Non si baratta il profitto dei pochi con il reddito e la salute dei tanti, salute non solo fisica, ma anche psicologica. Alla ripartenza, che sarà quando le autorità sanitarie e di conseguenza il Governo lo riterranno più opportuno, bisognerà prevedere anche la possibilità per i lavoratori di non uscire solo e soltanto per il loro lavoro. Oggi viviamo come in una sorta di “Democrazia sospesa”, dove anche la tecnologia potrebbe invadere la nostra privacy per controllare la libera circolazione delle persone con droni, telefonini, ecc..., dove non si rispetta nemmeno il diritto dei bambini a fare una passeggiata, non a giocare a calcio al parco. Il Governo sta affrontando l'emergenza a colpi di decreti ministeriali. Dovrà confrontarsi con le parti sociali per gestire la riapertura delle attività ed un ritorno alla normalità della vita sociale. Sono sfide importanti che attengono alla vita di tutti noi, e sulla capacità di risposta una classe dirigente sarà misurata.


Daniele Calosi

Segretario generale Fiom/Cgil Firenze

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